venerdì 4 aprile 2014

Una nuova stagione

Come forse ho già accennato qualche tempo fa il recente passato mi ha portato a profonde riflessioni e cambiamenti nella mia vita.

Non starò qui a raccontarvi tutto quello che è successo, non è nel mio carattere. Vi racconterò solo il pezzetto che in qualche modo ha a che fare con il blog, perché mi pare giusto che chi passa di qui sappia cosa può trovare.

Ho deciso di cambiare la mia dieta da onnivora in vegetariana, molto tendente al vegano, per cui troverete molte più ricette di questo genere nel futuro. Non è una scelta che coinvolge tutta la mia famiglia, non sono una dittatrice che obbliga a mangiare tutti nello stesso modo :D.

Parto un po’ da lontano, perché in effetti è una scelta maturata molto lentamente, non è frutto di una moda o di ghiribizzo del momento.

Fin da piccola in montagna ho visto le mucche pascolare libere nelle malghe, essere munte a mano dai casari e accudire i loro vitelli finchè avessero avuto bisogno del latte della mamma. Lo stesso era per le pecore e per le capre e galline scorrazzavano per l’aia e facevano le uova se e quando ne avevano voglia.
Anche oggi in quel piccolo paese è così, ben poco è cambiato. D’inverno chi ha le mucche continua a mungerle a mano e porta il latte, raccolto nei secchi, al “caseificio” del paese, un piccolo edificio di forse 60 metri quadrati, dotato di cantina interrata, dove il latte viene raccolto, fatto riposare in grandi “vasche” e la panna che affiora viene lavorata per ricavare il burro con attrezzi che ben poco hanno a che fare con le attrezzature industriali: tanto per dire il burro viene porzionato in panetti da mezzo chilo (e basta, non si può scegliere 250 gr) con uno strumento in legno che ha inciso la forma di una mucca e incartato a mano.
D'estate, invece, le mucche se ne vanno in vacanza, da maggio a ottobre vanno in malga,mangiano erba fresca e bevono l'acqua dei ruscelli.
Se le cose fossero cosi anche nelle “moderne” città non avrei alcun problema a bere il latte, mangiare il burro, il formaggio o le uova, ma purtroppo quelle che trovo al supermercato non sono certo frutto di allevamenti rispettosi del benessere degli animali, anzi. La crudeltà assolutamente inutile e gratuita a cui sono sottoposti questi animali mi fa rabbrividire, per non parlare dei modi in cui sono uccisi.
Un po’ alla volta ho sentito nascere in me un ribrezzo, non trovo altra parola per definire quello che sento, ogni volta che mi ritrovo nel piatto una bistecca, due uova o uno spezzatino. Non è solo una questione mentale, è proprio una reazione fisica di nausea e incapacità di digerire.
Lo stesso discorso vale per gli allevamenti di pesce e, anche se in misura attenuta, per gli allevamenti biologici. Il tutto unicamente in nome del maggior profitto economico che si vuole ottenere.
Se fosse assolutamente indispensabile mangiare carne o derivati animali per sopravvivere, se non ci fosse altra scelta, potrei chiudere gli occhi (e non solo) e continuare nello stesso modo.
Ma così non è: l’alternativa c’è, oltretutto apporta benefici in termini di benessere e salute fisica, è stata ampiamente sperimentata e non ha controindicazioni.
Non starò qui a tediarvi con gli studi scientifici fatti in tal senso o con i dettagli sui maltrattamenti che subiscono gli animali in allevamenti intensivi: chiunque abbia voglia di documentarsi o di saperne un po’ di più può trovare facilmente molto materiali in internet.
Non voglio neppure giudicare chi fa diversamente o consigliare di rivedere le proprie scelte alimentari: credo che le cose accadano e le scelte si compiano quando ciascuno si sente pronto, non prima, né dopo.
E non dico nemmeno che sarò una vegetariana/vegana perfetta, avrò sicuramente le mie manchevolezze e i momenti di debolezza.

Tutto questo poema per spiegarvi (e pure in modo sintetico) perché troverete i miei menù leggermente cambiati, che non è una cosa passeggera e che non sarà più così piacevole per voi leggere questo blog. O forse lo sarà di più.

 

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